Paolo Soleri e la responsabilità dell’architettura, tra sostenibilità e piacere di creare.
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Milano, 12 ottobre 2014 - Al Milano Design Film Festival Giuliana Zoppis, co-fondatrice di Best Up, ha tenuto un intervento dedicato a Paolo Soleri e alla responsabilità dell’architettura, tra sostenibilità e piacere di creare.

 

 

 

 

 

 

 

 

È prima di tutto il ritratto di un “maker” pioniere, artista, artigiano e creatore di forme il documentario dedicato a Paolo Soleri “Beyond Form” realizzato nel 2013 dalla filmaker indipendente Aimee Madsen in cinque anni di ricerche e riprese. Il piacere del fare e del lasciare le proprie tracce sulla materia è uno degli aspetti che emergono con più forza dal film. Piacere che nella vita di Soleri si è sempre accompagnato a un profondo senso di responsabilità in ciò che si fa e si lascia in eredità. “La responsabilità dell’architettura” è un’idea densa d’implicazioni, tutte molto attuali, che anticipano il concetto di sostenibilità nel costruire.

 

La città come organismo coerente, denso, frutto dell’integrazione fra uomo, costruito, natura e tecnologia, “strumento necessario per l’evoluzione del genere umano” contro il dilagare disordinato della periferia (P. Soleri, The city in the image of man, 1969).


Soleri è stato un precursone della sostenibilità in architettura, con la sua personale filosofia urbana dell’Arcologia, disciplina che unisce architettura ed ecologia, sui cui parametri ha fondato Arcosanti, il prototipo di eco-città sperimentale sorta in Arizona nel 1970. Una città-pilota che è anche una scuola-cantiere. Un progetto, come emerge molto bene dal docu-film, che è forse l’unico vero prototipo alternativo allo sviluppo selvaggio suburbano mai realizzato e sopravvissuto a cavallo di due secoli. Arcosanti è un progetto di vita, caratterizzato da un approccio sobrio e minimale, “fare di più con meno, less is more”.


Nato a Torino nel 1919, dove ha studiato architettura al Politecnico, Soleri scrive da neo-laureato a Frank Lloyd Wright esprimendogli le sue idee sull’architettura e il desiderio di collaborare; Wright lo invita e il progettista italiano lo raggiunge negli Usa, a Taliesin, nel ’47, lavorando nel suo studio per circa due anni. Le troppe distanze con il pensiero del maestro, spingono Soleri a proseguire da solo il suo cammino. Torna in Italia, progetta e costruisce la fabbrica di ceramica Solimene a Vietri sul Mare (nel salernitano) e rientra negli Usa, dove con la moglie Collie Woods si trasferisce nel ’56 in Arizona, a Paradise Valley. Prima fonda a Scottsdale la Cosanti Foundation nel ’61 (Cosanti da “cosa” più “anti”, in senso antitetico), poi comincia a costruire Arcosanti, tra le rocce e il deserto. Sono 7000 i volontari che hanno partecipato dalla fine degli anni Sessanta alla costruzione di questa città sperimentale. Nel 2000 la Biennale di Architettura di Venezia gli conferisce il Leone d’oro alla carriera.


Due sono i momenti in cui la mia vita si è intrecciata a quella di Soleri: nel 1981 durante un viaggio-reportage con il mio compagno di allora, Fabio Cianchetti -fotografo e direttore della fotografia- sulle prime tracce dell’architettura eco-sostenibile negli Usa. In particolare, era molto forte la ricerca del solare abbinato alle costruzioni; solare nel senso di passivo e attivo, quindi non una visione puramente tecnica ed efficientista, bensì più ampia e legata all’uso di forme e materiali-massa, cioè in grado di catturare l’energia delle fonti naturali per trasmetterla all’interno dell’abitazione, proteggendola da dispersioni termiche e da sprechi energetici. Accogliendo armoniosamente le persone. Durante questo viaggio ho incontrato personaggi interessanti, che ancora il mondo non aveva celebrato da Rob Wellington Quigley, a Frank Gehry, a Paolo Soleri. Alcuni lavori sono usciti in quegli anni sulla rivista Abitare diretta da Franca Santi Gualtieri, tra cui un numero speciale dedicato alle solar houses. L’incontro con Soleri, a nord di Phoenix in Arizona dove sorge Arcosanti, è stato importante. Nel 1981, Arcosanti aveva già 11 anni di vita e raccoglieva gruppi di giovani architetti, urbanisti, ingegneri, artigiani da tutto il mondo, giovani donne e uomini che decidevano di prestare la loro opera gratuitamente alla città-pilota, in cambio di ospitalità e naturalmente attirati dalla meraviglia di poter trascorrere molte ore accanto al loro maestro. Ricordo i laboratori di terra cruda e paglia, sotto il sole caldissimo dell’Arizona d’agosto…E quelli con la ceramica, materia dove Soleri riversava il sapere acquisito durante la costruzione della fabbrica Solimene. Tra i manufatti, specialissime campane metalliche dai suoni armoniosi (ancora oggi si vendono ad Arcosanti).


Il secondo momento in cui ho avuto a che fare con la figura di Soleri è stato pochi giorni dopo la sua morte, avvenuta a 93 anni il 9 aprile 2013. Avevo saputo che al Cersaie di Bologna del settembre 2013 veniva proiettato “Beyond Form” all’interno dell’evento “A vision is indeed reality: a tribute to Paolo Soleri”, presenti la regista Aimee Madsen e i collaboratori più stretti dell’architetto, a cominciare dal braccio destro Roger Tomalty, architetto ed esperto di geografia fisica, oggi amministratore della Cosanti Foundation. Con lui, l'architetto Michael P. Johnson, per cinquant’anni altro collaboratore e amico di Soleri. Entrambi, dopo la morte di Paolo, hanno deciso di continuare a lavorare sia al villaggio, sia alla Cosanti Foundation e di proseguire l’indagine sull'interazione tra ciò che viene costruito e gli ambienti naturali, per integrare la produzione di cibo, la conservazione dell'acqua e il fluire delle risorse energetiche rinnovabili. Arcosanti attrae ancora oggi più di 50mila visitatori l’anno, molti studenti e giovani laureati in architettura, agraria, ingegneria.


È tutta riassunta in Arcosanti la visione di Soleri. Una città pensata per 5mila abitanti, dove le auto sono bandite e le distanze si misurano in minuti di cammino. Una struttura urbana compatta e autonoma, a tecnologie pulite, dove vita, lavoro e gioco si svolgono sotto lo stesso tetto. “Non ho mai pensato a Paolo come a un architetto –racconta Johnson – ma prima di tutto come a un filosofo, intento a ragionare sulla vita presente e futura e a come stare in armonia con la natura. La sua figura è assai diversa da quella degli architetti di oggi, molto più simili a imprenditori”. Aggiunge Tomalty: “La sostenibilità è divenuta oggi il concetto base del nostro millennio, nonostante spesso gli architetti anche celebri la considerino un dispositivo o un oggetto e non ne colgano l’essenza”. Essenza che si coglie in pieno ad Arcosanti e lo si vede nel film. “Quando le persone la visitano, restano a bocca aperta”, ha raccontato la regista Aimee Madsen. “Nel mio film ho voluto cogliere una sfida e raccontare perché questo accade non attraverso le idee, ma attraverso le sue stesse creazioni e le relazioni con le persone. Volevo un Soleri diretto. La vera forza di quel luogo non è la città in sé, ma il processo con cui è stata realizzata”.


" ...Quella che chiamo archology è la forma fisica dell'ecologia dell'umano, quella configurazione della materia che consente il flusso più energetico e potente. È la struttura fisica per la vita dell'uomo, esterna alla sua struttura corporea e a tutte le altre strutture biologiche. Ridefinita, può aprire una porta alla ricerca di una nuova idea della città. L'interesse dell'architettura per un singolo edificio è periferico al suo peso specifico in quanto causa determinante dell'ambiente...Storicamente la foce più attiva e dinamica della vita umana è la città. Ho deciso di chiamare la città del futuro " Arcology” (da cui Arcosanti) per far sì che non si dimentichi che una città costruita bene è sempre ecologia architettonica. È paesaggio umano” (Paolo Soleri, 1981).

 

 

 

 


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